Scoperta sul controllo talamico della coscienza
GIOVANNI ROSSI
NOTE E NOTIZIE - Anno XVII – 29 febbraio 2020.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia).
Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società,
la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici
selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori
riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: RECENSIONE]
Abbiamo più volte, in passato, proposto sintesi delle principali teorie
neurofunzionali della coscienza e delle nozioni acquisite dalla ricerca sulle
basi neurobiologiche dei processi che consentono a un individuo di essere
consapevole; rimandando alla lettura di quegli scritti per introdursi all’argomento,
ricordiamo che operativamente si ritiene, sulla base degli studi
elettrofisiologici e di risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging), che la coscienza dipenda da
interazioni talamocorticali e cortico-corticali di grande
scala. La ragionevole certezza di questo correlato – ormai equiparato a una
nozione classica per le innumerevoli conferme ricevute – non è però di conforto
per i ricercatori impegnati nel tentativo di individuare i meccanismi, perché
rimane un’indicazione troppo generica. Si indaga, infatti, per conoscere il
contributo e il ruolo dei gruppi neuronici di particolari circuiti e dei
singoli strati della corteccia cerebrale.
In un nuovo studio, Michelle J. Redinbaugh e
colleghi hanno ottenuto il risveglio di macachi dall’anestesia mediante
stimolazione talamica centro-laterale, e hanno poi osservato una stretta relazione
fra i livelli di coscienza e l’attivazione di talamo e corteccia profonda,
facendo anche altri rilievi di notevole interesse.
(Redinbaugh
M. J., et al. Thalamus Modulates Consciousness via Layer-Specific Control
of Cortex. Neuron – Epub ahead of print doi: 10.1016/j.neuron.2020.01.005, 2020).
La provenienza degli autori è la seguente: McPherson
Eye Research Institute, Department of Psychology, University of Wisconsin-Madison
(USA).
Un’osservazione – probabilmente
superflua per la maggior parte dei nostri lettori ma utile per chi non sia introdotto
ai diversi paradigmi di studio dei correlati della coscienza – consiste nel
rilevare che la concezione della coscienza adottata dagli autori dello studio
qui recensito è di tipo anestesiologico o “quantitativo”. Così, di recente, mi
sono espresso in proposito: “Le origini dello studio scientifico della
coscienza coincidono, in una chiave epistemologica, con l’impiego di metodi
riconducibili a tre paradigmi principali: anestesiologico, neurologico e
psicologico-psichiatrico. Nelle epoche precedenti, la filosofia, prima, e la
filosofia della mente, poi, avevano egemonizzato il campo dando luogo a
numerose costruzioni teoriche, campi specializzati del sapere e visioni culturali”[1].
Gerald Edelman attribuisce le basi cerebrali
dell’esperienza cosciente della nostra specie, col sostegno di evidenze
sperimentali, al fenomeno del “rientro” che consente lo scambio bidirezionale e
simultaneo fra aree corticali e fra talamo e corteccia, con generalizzazione
dell’informazione (“sistemi globali”), fornendo risposta anche a domande
relative ad aspetti qualitativi della coscienza. Questo modello, che è parte
dell’unica teoria neurobiologica della mente che vada dal livello molecolare a quello
psicologico, non affronta però gli aspetti più semplici dell’organizzazione del
cervello alla base di alcuni fenomeni quantitativi rilevanti in termini clinici:
“Nonostante
la potenza esplicativa e la coerenza con principi che legano i processi alla
base della coscienza all’evoluzione filogenetica del sistema nervoso, la teoria
di Edelman non sembra esserci d’aiuto quando ci poniamo interrogativi sugli
stati cerebrali che riconduciamo ai vari gradi di coma e, anche se l’argomento
è di tradizionale interesse neurologico, la concezione della coscienza che
realmente poniamo in questione è quella anestesiologica. In altri termini, non
sono in questione le alterazioni di aspetti delle funzioni psichiche coscienti
per danni cerebrali, ma la condizione fisiologica complessiva che caratterizza
lo stato naturale di veglia, vigilanza, consapevolezza e reattività agli
stimoli ambientali”[2].
Discutendo
della concezione di riferimento adottata da Tononi e Massimini negli studi che
li hanno portati a definire una misura oggettiva della coscienza con l’indice
PCI, rilevavo che anche in quel caso si trattava di una condizione di vigilanza
non legata a contenuti mentali: “Infatti, i protocolli stilati per ottenere
misure TMS/EEG sono stati messi alla prova con tre mezzi di abolizione della
coscienza, midazolam,
propofol e xenon, che esercitano l’effetto anestetico
con tre meccanismi d’azione differenti, ma sono comunemente impiegati in
anestesiologia”[3].
In
occasione della presentazione dell’interessante libro di Stanislas
Dehaene, Consciousness and the Brain: Deciphering
How the Brain Codes Our Thoughts (Viking Adult, 2014),
abbiamo proposto un breve saggio sulla coscienza, al quale rimandiamo sia per
introdursi all’argomento in generale, sia per un inquadramento sintetico delle teorie
scientifiche che tentano di spiegare le basi neurali dell’esperienza soggettiva
di essere coscienti del mondo e di sé stessi[4].
Ritorniamo, ora, allo studio sulla
modulazione talamica della coscienza attraverso il controllo specifico di strati
della corteccia cerebrale.
Michelle J. Redinbaugh
e colleghi, prendendo le mosse da studi di stimolazione centrotalamica
durante anestesia e di analisi delle lamine neuroniche corticali, hanno
registrato simultaneamente l’attività elettrica dei neuroni del talamo laterale
centrale (CL, central lateral) e dei singoli strati della corteccia frontoparietale, in macachi in tre diverse condizioni neurofunzionali
cerebrali: svegli, addormentati e anestetizzati. I
ricercatori, assumendo un criterio anestesiologico di definizione della coscienza,
hanno esaminato i dati di registrazione parallela dell’attività neurale del
talamo e della corteccia, quali correlati di tre differenti livelli di
coscienza.
I neuroni del talamo e degli strati
profondi della corteccia sono i più sensibili ai cambiamenti dei livelli della
coscienza, come ha provato la coerenza dell’attività con gli effetti prodotti
dai diversi agenti anestetici e dal sonno. Dai rilievi è risultato evidente che
l’attività degli strati profondi della corteccia cerebrale era sostenuta
dai neuroni del talamo CL.
La coscienza dipende anche dai
neuroni degli stati profondi della corteccia che forniscono feedback esclusivamente
agli strati superficiali, e non agli stati profondi. Tale dato suggerisce che
il feedback di lungo raggio e la segnalazione intracolonnare sono importanti. Per rilevare e mostrare
la causalità, i ricercatori hanno stimolato i neuroni talamici CL nei macachi
anestetizzati, ottenendo il ristabilirsi della reazione di risveglio e di una elaborazione
neuronica simile a quella della veglia. Questo effetto si è rivelato specifico
per localizzazione e frequenza.
Redinbaugh e colleghi concludono che dai dati emersi nel loro studio, per il cui
dettaglio si rinvia al testo integrale del lavoro originale, si evincono correlati
talamocorticali della coscienza specifici per strato neuronico corticale
e si comprende come una stimolazione cerebrale profonda mirata possa
alleviare i disturbi della coscienza.
L’autore della
nota ringrazia la
dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla
lettura delle recensioni di studi di
argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare
il motore interno nella pagina “CERCA”).
Giovanni Rossi
BM&L-29 febbraio 2020
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